Pesca del tonno rosso: procedure d´infrazione della Commissione Ue contro l’Italia

settembre 26, 2007

thumbs20.jpgBRUXELLES. La Commissione europea ha avviato procedure d´infrazione nei confronti di Italia, Cipro, Francia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna che praticano la pesca del tonno rosso nell´Atlantico orientale e nel Mediterraneo. Le lettere di costituzione in mora sono state inviate per il mancato rispetto dell´obbligo di inviare alla Commissione i dati relativi alle catture. Per Italia e Francia la procedura d´infrazione riguarda anche carenze nel controllo delle attività di pesca. I 7 Stati hanno un mese per rispondere alla Commissione. La settimana scorsa la Commissione ha chiuso la pesca del tonno rosso fino alla fine del 200, dopo l´esaurimento del contingente assegnato per quest´anno all´Ue.
Secondo la Commissione «il depauperamento di questo stock è il risultato di anni di sovrasfruttamento. È essenziale che il piano internazionale di ricostituzione, convenuto l´anno scorso dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell´Atlantico (Iccat), sia attuato pienamente e urgentemente da tutte le parti interessate».
Il nuovo piano quindicennale Iccat di ricostituzione dello stock orientale di tonno rosso, che è stato adottato a novembre a Dubrovnik prevede misure già recepite nella legislazione comunitaria, in attesa che il Consiglio adotti il piano a lungo termine. Gli Stati membri sono responsabili dell´applicazione di queste norme nelle loro acque e nei loro territori. Per contrastare le attività di pesca illegali che hanno inciso così negativamente sulla pesca del tonno rosso, il piano prevede misure globali che coprono tutte le fasi, dalla cattura alla commercializzazione fino all´esportazione del tonno rosso.
«La documentazione e la trasmissione di dati alla Commissione in momenti prestabiliti – sottolinea la nota – rappresentano un elemento cruciale di questa lotta. Essi consentono inoltre alla Commissione di monitorare in tempo reale l´utilizzazione da parte di ciascuno Stato membro della quota del contingente Ue che gli è stata assegnata. Gli Stati membri interessati non sembrano tuttavia aver adempiuto ai loro obblighi in questo campo. Gli Stati membri sono inoltre tenuti a controllare e monitorare le attività correlate a tale pesca: in mare, nei porti, nei siti di ingabbiamento e nei mercati. Nel caso della Francia e dell´Italia sono emersi segni di carenze anche in questo settore».

Fonte: greenreport


Sea Shepherd lancia Migaloo, la nuova campagna in difesa delle balene in Antartico

settembre 26, 2007

icon_sea_shepherd.jpgA dicembre la Sea Shepherd Conservation Society intraprenderà la sua quarta spedizione nelle remote acque dell’Antartico, con il lancio della sua ultima campagna in difesa delle balene in questi mari chiamata: Operazione Migaloo.
La Sea Shepherd ha dichiarato che non tollererà ulteriori abusi sulle balene – questa, inoltre, è proprio la specie rappresentate sul logo dell’associazione – e non starà a guardare mentre le baleniere giapponesi progettano di cacciare circa 1000 esemplari tra cui 50 megattere – specie considerata a rischio – e 10 balenottere comuni negli Oceani del Sud.
Questa campagna è stata soprannominata Migaloo in onore di una megattera albina diventata un’icona nazionale in Australia. Quest’anno, gli spietati arpioni Giapponesi hanno preso di mira le megattere e ciò significa che anche Migaloo e tutta la sua famiglia sono a rischio di morte per la minaccia delle baleniere Giapponesi.
Il Fondatore e Presidente della Sea Shepherd, il Capitano Paul Watson, s’imbarcherà presto con un equipaggio internazionale sulla Robert Hunter, per rafforzare le leggi internazionali di protezione e per prevenire l’uccisione illegale delle specie a rischio da parte delle baleniere fuori legge.
“Non ho fondato la Sea Shepherd Conservation Society come un’organizzazione di protesta,” dice il Capitano Watson. “Non ho navigato in questi anni solo per assistere alle atrocità che le baleniere continuano a infliggere a gran parte di questi esseri così gentili ed intelligenti nei mari del mondo. Noi siamo dei poliziotti degli oceani che operano legalmente sotto le linee guida della “United Nation’s World Charter for Nature”, che permette alle organizzazioni non governative di applicare la legge di protezione internazionale nelle giurisdizioni internazionali.”
Da più di trent’anni, la Sea Shepherd è in prima linea contro la caccia alle balene, difendendo questi giganti buoni ovunque e in qualsiasi momento. Sea Shepherd ha affrontato e superato notevoli ostacoli con scarse risorse, ha ottenuto diverse vittorie, e ha salvato la vita di migliaia di balene.
Nel 2005-2006, Sea Shepherd ha dato un gran da fare alla flotta Giapponese, tanto che le baleniere se ne sono tornate a casa con 83 balene in meno della quota stabilita. Nel 2006-2007, le baleniere Giapponesi non hanno raggiunto di nuovo la quota stabilita di balene da uccidere, catturandone 500 in meno di quelle previste. La Sea Shepherd ritornerà quest’anno con una nave più veloce in grado di dare filo da torcere alla flotta giapponese, nuovi equipaggiamenti per le azioni, e un equipaggio internazionale di volontari che hanno deciso di trascorrere il loro tempo e vacanze in una delle parti più remote della Terra per salvare le balene.
Sea Shepherd sta cercando di proteggere il più grande tesoro dei mari: le balene. “Vogliamo fermare la Cetacean Death Star, la crudele macchina che uccide questi giganti buoni nota anche come Nisshin Maru, e la sua spietata flotta composta da navi killer con i loro arpioni mortali,” dice il Capitano Watson. “Se uccidiamo le balene, gli squali, le foche, e le tartarughe marine, distruggeremo le fondamenta delle vita negli oceani e di conseguenza il genere umano.”

Fonte: agireora


Il governo irlandese ha assegnato sovvenzioni pari a 20 Mio EUR a nuovi progetti di ricerca marina

settembre 26, 2007

Come annunciato dal ministero delle Comunicazioni, dell’energia e delle risorse naturali, il Premio Beaufort, che prende il nome dall’idrografo irlandese Francis Beaufort, finanzierà 141 ricercatori e studenti che operano in cinque consorzi di ricerca.
La parte più cospicua dei fondi, poco più di 7 Mio EUR, sarà destinata a un progetto che indaga sull’utilizzo degli organismi e dei materiali marini per la produzione di farmaci, biomateriali avanzati e neutraceutici. Al «Beaufort Marine Biodiscovery Consortium» (consorzio di bioscoperte marine Beaufort), che guiderà il programma di ricerca, parteciperanno gruppi di ricerca dell’University College Cork (UCC), della National University of Ireland Galway (NUIG) e della Queen’s University Belfast (QUB).
I fondi saranno stanziati a favore di quattro ulteriori progetti. Due di essi saranno dedicati a vari aspetti della ricerca sulla pesca e della gestione sostenibile delle attività di pesca. Un altro programma cercherà di valutare il valore economico, sociale e ambientale delle risorse marine. Infine, il National Centre for Sensor Research presso la Dublin City University si concentrerà sullo sviluppo di sistemi intesi a soddisfare i requisiti di monitoraggio prescritti da leggi quali la direttiva quadro dell’UE in materia di acque.
In occasione della presentazione del premio, Eamon Ryan, ministro irlandese delle Comunicazioni, dell’energia e delle risorse naturali, ha dichiarato che l’esistenza di numerose sfide per la società, riguardanti il mondo marino, è ormai un fatto ben noto. «I vincitori del premio dovranno fornirci le prove per agire», ha aggiunto, auspicando che la ricerca «ci consenta di utilizzare le nostre risorse marine nel rispetto dell’ambiente e in modo innovativo».
Peter Heffernan, amministratore delegato dell’Istituto marino di Galway, ha affermato che il premio Beaufort rappresenta un salto di qualità nell’evoluzione del settore marino irlandese: «Il finanziamento permetterà di lanciare un chiaro segnale al resto del mondo sull’importante ruolo svolto dall’Irlanda in questo settore.»
Dublino ha altresì annunciato l’intenzione di assegnare, il prossimo anno, un premio sulla ricerca marina nel quadro dell’iniziativa Beaufort. Il premio sarà conferito a uno scienziato, irlandese o internazionale, che collabora con l’Irlanda nel settore della ricerca.
Il premio Beaufort sulla ricerca marina rientra nel quadro della strategia nazionale di ricerca e innovazione dell’Irlanda «Sea Change». Nell’ambito di tale strategia, il governo irlandese sta investendo oltre 365 Mio EUR al fine di sviluppare opportunità commerciali per il paese in settori quali l’energia sostenibile, i trasporti, la tecnologia e il monitoraggio ambientale, e di rafforzare il settore marino irlandese nei prossimi sette anni.

Fonte: Newsfood


Primi commenti e interventi al summit sul clima dell’Onu

settembre 24, 2007

LIVORNO. Introducendo il summit sui cambiamenti climatici in corso a New York alla presenza di oltre 80 Capi di Stato e di governo, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha detto: «Sono convinto che il cambiamento climatico e cosa noi faremo a questo proposito, definirà la nostra era e l´eredità globale che lasceremo alle generazioni future. Teniamo il futuro nelle nostre mani. Insieme, dobbiamo accertarci che i nostri nipoti non debbano chiedere perché non siamo riusciti a fare la giusta cosa e che li lasciamo a soffrirne le conseguenze».
Ban Ki-moon ha i risultati dell’Ipcc che dimostrano come il riscaldamento globale sia direttamente collegato alle attività umane e ha invitato i presenti ad intraprendere una «azione senza precedenti». Per raccogliere questa sfida, ha detto, «dobbiamo essere guidati dalla realtà perché essere inerti oggi si dimostrerà come l´azione più costosa di tutte a lungo termine». Il segretario generale dell’Onu ha poi sottolineato come lo sviluppo sia seriamente impedito dal cambiamento climatico, che minaccia di vanificare i passi fatti verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo di millennio per ridurre drasticamente la povertà. Per Ban Ki-moon il global warming «non è un gioco a somma zero. Le riduzioni delle emissioni e lo sviluppo economico possono avvenire parallelamente, e il contrasto al cambiamento climatico apre la porta ad occasioni per promuovere lo sviluppo sostenibile, per creare tecnologie non inquinanti, per le industrie e per il lavoro e l´integrazione dei rischi che il cambiamento climatico determinerà nelle pratiche nazionali».
Ban Ki-moon ha invitato le nazioni industrializzate a prendere il comando nelle azioni di contrasto al global warming perché «non solo le loro emissioni continuano ad aumentare, ma il loro sostegno all’adattamento dai paesi poveri è minore di quanto è richiesto». Il segretario generale dell’Onu ha poi chiesto al sindaco di New Delhi Arti Mehra ed il governatore della California Arnold Schwarzenegger di riassumere ai partecipanti al summit le iniziative di grandi enti pubblici locali per bloccare il riscaldamento globale. «Tutti i settori dovranno lavorare insieme pensando che le emissioni globali saliranno comunque ancora per i 10 – 15 anni futuri per poi essere e significativamente ridotte negli anni successivi, come indicato dall’Ipcc» ha concluso Ban Ki-moon.
Per Yvo de Boer, segretario esecutivo della Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc) il summit in corso a New York «è un segno del consenso crescente che mostra che la comunità internazionale deve agire in materia di cambiamento climatico». Per de Boer in occasione della conferenza di Bali di dicembre «gli Stati membri si sono prefissati come obiettivo di far progredire il processo negoziale che mira a pervenire ad un accordo internazionale sui cambiamenti climatici. L´Unione europea ha ugualmente indicato che è disposta a ridurre del de 30% (le emissioni n.d.r.) se altri Paesi industrializzati si aggiungeranno a questo sforzo.
E’ un esempio di leadership al quale fa appello la comunità internazionale, e in particolare i Paesi in via di sviluppo. Sono convinto – ha aggiunto il segretario dell’Unfccc – che questa iniziativa, lanciata dal segretario generale dell’Onu, servirà a questo scopo» e si è poi felicitato per l’interesse politico di cui ha beneficiato, nel corso dell’ultimo anno, il problema dei cambiamenti climatici, questo fa sperare che la riunione di alto livello in corso all’Onu «lancerà un appello chiaro per avviare veri negoziati a Bali, un avanzamento è essenziale. Questi negoziati dovranno concludersi entro il 2009. Questo permetterà di mettere in campo in tempo un regime sui cambiamenti climatici dopo il 2012, data di conclusione della prima fase del Protocollo di Kyoto».
Intanto a New York sono arrivati, in rappresentanza del governo Italiano, anche Romano Prodi e Pecoraro Scanio ed il ministro dell’Ambiente ha subito fatte sue le preoccupazioni contenute nel rapporto dell’Unesco sulle conseguenze dei mutamenti climatici nei siti patrimoni dell’umanità, che evidenzia come l’acqua alta a Venezia sarà un evento quasi giornaliero, ma che anche altre città costiere e fluviali europee rischiano di venire in parte sommerse dalle acque, mentre l’innalzamento del mare e i mutamenti climatici potrebbero minacciare 26 degli 830 siti inseriti nel patrimonio dell´umanità dell’Unesco.
«Proteggere e assicurare una gestione sostenibile di questi siti è diventata una priorità intergovernativa del più alto livello – ha detto Koichiro Matsuura, direttore generale Unesco – L´innalzamento delle temperature e la maggiore acidità degli oceani nei prossimi cento anni, colpiranno inoltre il 70% delle barriere coralline. Parte del reef australiano potrebbe subire lo sbiancamento e morire».
Secondo Pecoraio Scanio il summit dell’Onu è «la risposta più chiara a chi in Italia ha messo in discussione il problema dei cambiamenti climatici. Vado con il Presidente del Consiglio a parlare di cose serie e vere”. E il ministro italiano dell’ambiente ribadisce che «il contrasto ai gas serra è una priorità anche per il nostro Paese» e che chiede che nella prossima finanziaria ci siano investimenti «per l´ambiente e per l’innovazione. Auspichiamo che già la proposta del ministero dell´Economia contenga questi elementi, che sono fondamentali per il futuro del nostro Paese».
Al summit Onu è intervenuto anche, Lo Sze Ping, direttore delle campagne di Greenpeace Cina che ha invitato i capi di stato a rafforzare il Protocollo di Kyoto, «l’unico accordo globale per combattere il cambiamento climatico. Scienziati ed economisti in tutto il mondo – ha detto – ci stanno mandando campanelli d’allarme che non possono essere ignorati senza gettare l’umanità in grave pericolo. Il Protocollo di Kyoto è l’unica strada per arrivare ad un nuovo accordo internazionale per salvare il pianeta e i governi devono agire ora senza lasciarsi distogliere dalla retorica e da tentativi di annacquare il processo, come il prossimo “Major Emitters Meeting” voluto da Bush a Washington. Avanti con Kyoto adesso! I lavori di Bali non dovranno risolversi in una “roadmap”, o una “lista dei desideri” – ha avvertito Lo Sze Ping – occorre raggiungere un chiaro mandato per rafforzare la seconda fase del protocollo di Kyoto entro il 2009» L’esponente cinese di Greenpeace ha anche sfatato l’opinione che la Cina non stia agendo per fermare il cambiamento climatico.
«In realtà la Cina si sta muovendo, poiché ha già stabilito obiettivi significativi per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Tuttavia, dobbiamo mettere fine alla nostra dipendenza dal carbone e sviluppare invece l’eolico e il solare per fronteggiare il cambiamento climatico. Possediamo già oggi tutte le tecnologie di cui abbiamo bisogno per limitare i peggiori impatti del cambiamento climatico e contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2 gradi centigradi, per i Governi è questa il momento di agire per dare un futuro a Kyoto e al pianeta».

Fonte: greenreport


L’ENPA NON E’ D’ACCORDO CON LA REGIONE

settembre 24, 2007

SAVONA. 24 SETT. Malgrado abbia lo scopo di tutelare qualità professionale, attività tradizionali e conservazione della natura, il DDL favorisce invece il consumismo e lo sfruttamento fine a se stesso delle risorse naturali e del mondo animale. A giusti concetti di “fattorie didattiche” e attività conseguenti, non è però prevista la presenza di personale qualificato e titolato che possa, e debba, illustrare correttamente ai frequentatori le problematiche ambientali, spesso non ecocompatibili, connesse con tali attività. Il testo licenziato si presta ad aggirare norme di legge primarie. Le deroghe concesse sul superamento delle barriere architettoniche (articolo 5, commi 7,8), ancorché in contrasto con le norme sovraordinate vigenti, penalizzano ed umiliano le persone disabili, stante la disponibilità di valide alternative tecniche alle problematiche strutturali ed impiantistiche dei vecchi edifici. La durata “indeterminata” dell’autorizzazione comunale (articolo 10, comma 3) aggravata dal ricorso abbondante all’autocertificazione, penalizza la qualità aziendale e favorisce il disinteresse, il non rispetto e l’inadeguatezza alle norme d legge, presenti e future. Le imbarcazioni da pesca hanno problematiche e criticità di sicurezza ed infortunistica, a carico del personale, non ancora risolte o affrontate correttamente; eppure neppure un rigo è scritto circa la prevenzione e l’incolumità di clienti che spesso salgono a bordo per la prima volta. Scarsa attenzione viene poi riservata al trattamento degli animali, limitandosi ad un fugace cenno al rispetto di “specifiche linee guida comunitarie” per la concessa macellazione di “volatili da cortile, conigli e selvaggina” (articolo 8, comma 3); sarebbe utile inserire, tra la negazione all’iscrizione o la cancellazione dall’elenco regionale degli operatori agrituristici (articolo 9, comma 7), anche la condanna per i delitti previsti dalla Legge 189/2004 (maltrattamento di animali). Antistorica e veramente inconciliabile con le finalità dell’articolo 1 appare l’inclusione forzata, tra le attività oggetto del DDL, delle defunte “riserve di caccia”, rinate come “aziende agri-turistico-venatorie”, con identica commercializzazione dell’uccisione di animali. Non è infine comprensibile l’estensione del DDL a pescaturismo, ittiturismo ed addirittura acquacoltura, se non nell’ennesimo salvagente lanciato ad una marineria che, dopo il mare ed i suoi abitanti, sta consumando ora se stessa. Ai turisti piemontesi cosa insegneranno i pescatori? Che il pescato nel mondo è salito dai 17 milioni di tonnellate del 1950 ai circa 90 del 1989 e che da allora le flotte di pescherecci sono decuplicate ma le catture sono costantemente diminuite e costituite da esemplari (di ogni specie) sempre più piccoli? Che alla strage annuale occorre aggiungere almeno 30 milioni di tonnellate di animali non commestibili (bycatch), trattati senza alcun riguardo e che vengono ributtati in mare ormai morti o morenti? Che FAO, WORLDWATCH INSTITUTE e COMMISSIONE TECNICA UE segnalano senza esito la riduzione del 75% degli stock di pesca delle 550 specie pescate? Che la COMUNITA’ EUROPEA sta saggiamente (ma finora inutilmente, proprio per la strenua opposizione dei pescatori) tentando di ridurre l’attività di prelievo, soprattutto nelle basse fasce costiere ricche di posidonie (autentiche nursery dell’ittiofauna), proibire la cattura del “novellame” e riconvertire i navigli, perché lo “sforzo di pesca” è ormai insostenibile? Che i mari sono invasi da migliaia di chilometri di reti, perdute o abbandonate dai pescatori, che continueranno a pescare per centinaia di anni, senza che le loro Organizzazioni ed il MINISTERO abbiano mai neppure mostrato l’intenzione di impostare efficaci campagne di bonifica? Evidentemente no; e dopo una giornata di “pescaturismo”, in assenza totale di qualificati e corretti informatori ambientali, i frequentatori conosceranno al massimo il punto di vista parziale di una categoria alla continua ricerca di finanziamenti pubblici e di regole sempre più permissive; con l’unico risultato che qualcuno di essi sarà tentato di diventare pescatore “sportivo” e contribuire a depauperare ancora di più, e per futili motivi, la fauna marina.
Fonte: Ligurianotizie


Legambiente ci premia!

settembre 24, 2007

Cari Velisti per Caso,
le puntate di Evoluti per Caso sono state un grande spunto per dibattere insieme anche sul sito i temi della scienza, dell’evoluzione e dell’impatto ambientale. A questo proposito, in particolare, abbiamo parlato spesso dell’impianto installato a bordo da Enel, che ci ha permesso di navigare sfruttando l’energia verde e rinnovabile del vento, del mare e dell’acqua. Un esperimento innovativo all’insegna dell’ecocompatibilità che si è rivelato davvero efficace, tanto che a fine viaggio Enel è pronta a trasferire le tecnologie testate su Adriatica nelle isole dell’arcipelago toscano, che diventeranno vere e proprie isole verdi! Lo sforzo comune verso l’impatto zero non è passato inosservato: in agosto Enel e Adriatica hanno ricevuto da Legambiente il premio come miglior progetto 2007 per le buone pratiche per le energie rinnovabili. La consegna è avvenuta durante l’appuntamento di Festambiente a Grosseto, per mano di Angelo Gentili, segretario nazionale di Legambiente. A ritirarlo c’erano Patrizio e Gennaro De Michele (responsabile della ricerca Enel), che ha progettato e reso possibile l’autosufficienza energetica dell’imbarcazione.
Cos’ha di speciale l’impianto installato su Adriatica, tanto da diventare la soluzione ecologica più apprezzata del 2007? La capacità senza precedenti di stoccare e conservare l’energia rinnovabile grazie a un accumulatore a idrogeno.
Quindi non solo la barca soddisfa parte del suo fabbisogno energetico con l’ausilio di due pale eoliche, di un’elica a trascinamento e di due pannelli fotovoltaici, ma è anche in grado di trattenere questa energia senza doverla per forza utilizzare nell’immediato e fronteggiando la discontinuità a cui le variazioni climatiche costringerebbero. Adriatica nella sua navigazione in pieno oceano è stata il laboratorio ideale; ora la prospettiva è quella di applicare questa soluzione alle piccole isole sconnesse dalla rete elettrica nazionale, rendendole energicamente autosufficienti. Enel sta già facendo i prossimi passi tra le isole dell’arcipelago toscano, iniziando da Capraia. Poi sarà il turno delle Eolie: Vulcano, Salina, Panarea, Filicudi, Stromboli e Alicudi.
Gli altri premi distribuiti da Legambiente sono andati alla Casa del Sole (un complesso abitativo energicamente autosufficiente grazie all’edilizia bioclimatica), all’Unicoop Tirreno che ha installato il più grande impianto fotovoltaico della Toscana sul tetto della sede di Riotorto, all’Azienda agricola biologica Arcadia che produce insaccati di alta qualità sfruttando l’energia geotermica nelle colline grossetane e a Valfrutta che utilizza solo energia eolica per le sue produzioni alimentari.
L’equipaggio di Adriatica e lo staff di Velisti per Caso ringraziano Legambiente del riconoscimento: siamo orgogliosi di aver veleggiato con l’idrogeno in poppa!

Silvia Salomoni
Redazione Velistipercaso.it

La foto di Adriatica che vedete in questo articolo l’ha scattata il Velista per Caso Giorgio (tex) all’Isola d’Elba.

Fonte: VelistiperCaso


Patente “verde” del RINA alla Tribù di Benetton

settembre 21, 2007

Dirigere alcune delle più grandi aziende del Paese viaggiando fra le acque Pacifico e quelle del Baltico. Senza l’incubo delle riunioni alle nove del mattino, del traffico sulla tangenziale, dei check-in all’aeroporto. Per alcuni è fantascienza. Per Luciano Benetton una promessa fatta a se stesso, sotto il sole caldo di Montecarlo, a bordo della prima barca italiana progettata “a misura di ambiente”. Una barca che l’imprenditore veneto non utilizzerà solo per le vacanze, ma anche – e soprattutto – per lavorare: «Mi sono detto: se la tecnologia me lo permette, perché non dovrei farlo? Così ho attrezzato l’imbarcazione con un impianto satellitare. In fin dei conti, non c’era nulla di impossibile: gli strumenti che uso in ufficio potevo averli anche a bordo».
Lo yacht si chiama “Tribù”, è lungo 50 metri ed è stato costruito dai cantieri Mondomarine di Savona sotto la sorveglianza del Rina, che ieri, con il suo amministratore delegato Ugo Salerno, ha consegnato a Benetton la prima certificazione Green Star ottenuta da un diportista italiano.
«Perché ho deciso di affidarmi al Rina? Beh, perché amo il mare – spiega Benetton, pochi minuti prima di ricevere a bordo di “Tribù” il principe Alberto di Monaco – e chi ama il mare non può essere distratto nei confronti dell’ambiente. Anche se non esiste in nessuna parte del mondo una legge che obbliga i diportisti a scegliere barche compatibili con l’ambiente marino, per me questa scelta è stata una specie di impegno morale. Spero che il mio esempio sia seguito da altri. Anche se resto convinto che dovrebbero essere i cantieri navali, in qualche modo, a obbligare i clienti a dotarsi di questa certificazione».
La Green Star è una certificazione scelta da molti grandi armatori italiani (Costa Crociere e Grimaldi, per citarne due), ma fino a ieri sconosciuta al mondo della nautica. Tuttavia qualcosa potrebbe cambiare, nei prossimi anni, se il ministero dell’Ambiente deciderà davvero di limitare l’accesso alle aree marine protette alle imbarcazioni “pulite”.
«Non credo che una legge sia lo strumento giusto – dice Benetton – Sono convinto, al contrario, che debba essere una svolta culturale a cambiare le abitudini dei diportisti. Quanto incide la Green Star sul prezzo di una barca? Poco, a maggior ragione se si tratta di un’imbarcazione ancora da costruire. Ma, lo ripeto, si tratta più che altro di un investimento simbolico, di un esempio da fare arrivare a chi condivide la tua stessa passione».
«Per noi è un grande onore essere stati scelti come partner da un personaggio come Luciano Benetton – commenta Ugo Salerno -. Penso che per il mondo della nautica sia un segnale importantissimo. Ora il nostro auspicio è che il ministero dell’Ambiente decida in qualche modo di premiare chi sceglie una barca in grado di rispettare l’ambiente». Fra le altre cose, le imbarcazioni certificate Green Star utilizzano vernici non tossiche per la fauna marina, gas non dannosi per la fascia di ozono, motori dotati di limitatori di inquinamento e impianti di trattamento delle acque nere e grigie. Uno yacht delle dimensioni di “Tribù” ha un’autonomia di quattro-cinque giorni.
Benetton (che a bordo della nuova barca ha già effettuato una crociera di un mese, ad agosto) è un grande appassionato di viaggi sul mare: «Adoro la Croazia e l’Italia del Sud. Anche se il mio sogno è fare il giro del mondo: ci sto pensando», racconta. Ma è anche un sostenitore delle autostrade del mare, essendo socio (attraverso la 21Investimenti) della compagnia Strade Blu: «E’ un peccato che il trasporto marittimo in Italia non decolli – dice – Togliere migliaia di camion dalle strade è un obiettivo che tutti, a partire dal governo, dovrebbero perseguire con grande passione. Invece si fa poco o nulla per sostenere questa missione. Noi, in ogni caso, continuiamo a crederci. Poi, chissà, magari ci penserà Beppe Grillo a dare una scossa al mondo della politica…». Anche Benetton al fianco del comico più famoso del momento? «Grillo dice cose che pensano quasi tutti: è difficile non essere d’accordo con lui. Certo: gli manca una proposta costruttiva. E non è cosa da poco».

Fonte: Il Secolo XIX


Eolie “invase” dai cetacei

settembre 21, 2007

Nelle acque dell’arcipelago delle isole Eolie è in aumento la presenza di delfini, capodogli e
balenottere. Il dato è stato registrato dalla ‘Necton marine research society’, una società siciliana di ricerca marina che realizza dal 2001 studi e ricerche sull’ambiente marino. Il monitoraggio effettuato dallo staff della Necton nelle acque dell’arcipelago siciliano si è svolto nel corso dell’Eolian cetacean project, un progetto della Necton che unisce l’ attività di ricerca con la didattica.
Il progetto, che si prefigge lo scopo di studiare lo status ed il comportamento dei mammiferi marini nel mare delle Isole Eolie, terminerà a fine ottobre e vedrà protagonisti soprattutto gli studenti universitari di scienze ambientali, naturali e scienze biologiche.
L’Eolian Cetacean project è realizzato dalla Necton marine research society con il patrocinio del Comune di Malfa e della Provincia Regionale di Messina e l’arcipelago delle Eolie è stato scelto come area di studio perché zona di transito del mar Mediterraneo per tutte quelle specie che, per ragioni trofiche o riproduttive, compiono migrazioni all’interno del bacino. La base logistica del progetto sarà il Comune di Malfa sull’isola di Salina che per la sua posizione centrale
rappresenta il punto di partenza ideale per lo studio dei mammiferi marini nell’intero Arcipelago.

Fonte: Tempostretto


L’Ue: stop alla pesca del tonno per il 2007

settembre 19, 2007

1909-soir-fishing.jpgBRUXELLES – La Commissione europea ha deciso di chiudere la pesca del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo per il 2007, avendo l’Europa già pescato il suo contingente per quest’anno, ossia 16.779,5 tonnellate. Il commissario alla pesca e agli affari marittimi Joe Borg, ha annunciato inoltre un giro di vite sui controlli e sull’applicazione delle misure per contrastare la pesca eccessiva non dichiarata considerata «la causa principale del depauperamento degli stock». Il tonno rosso è il più ricercato e il più «prezioso» sul mercato: finisce infatti nella quasi totalità in Giappone, Paese dove è ritenuto fondamentale per la preparazione dei piatti di pesce crudo. E proprio la richiesta del mercato giapponese ne ha spinto la pesca ( e i prezzi) a livelli ormai insostenibili. L’allarme degli ambientalisti è scattato ormai da molto tempo e le richieste alla Ue di un blocco della pesca sono state frequenti e ripetute.

Sulla rotta del tonno rosso

PESCATORI DELUSI – La decisione della Ue ora mette un freno soltanto parziale, perché riguarda soltanto gli ultimi mesi del 2007. Reti a secco da adesso per tutti i pescatori europei di tonno rosso, ma senza conseguenze negative per i pescatori italiani e francesi, in quanto l’Italia ha già chiuso la pesca per il tonno rosso lo scorso 24 luglio e la Francia il 27 agosto, avendo esaurito i rispettivi contingenti. Quello italiano è di 4.336,31 tonnellate. Decisione amara invece per i pescatori di Cipro, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna, la cui attività è ancora in corso, ma avranno la possibilità di ottenere compensazioni nei prossimi anni. «Ci troviamo di fronte – ha spiegato Borg – da un lato, al problema del sovrasfruttamento di uno stock che è già a rischio di esaurimento e, dall’altro, a quello di una ripartizione equa fra gli Stati membri interessati». Il contingente europeo di pesca del tonno rosso è stato assegnato dall’Iccat (Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico) nel corso di una riunione svoltasi a Tokyo in gennaio.

QUOTE E CONTROLLI – Nel comunicare lo stop alla pesca, la Commissione Europea ha affermato che verranno sottratte alle future quote di pesca tutti i quantitativi pescati in eccesso. Questo principio fino ad ora non sempre è stato applicato anche se sono stati garantiti più monitoraggi e controlli. «Va bene controllare di più, ma a che serve se poi in Italia le sanzioni sono ridicole – si chiede Alessandro Giannì, responsabile della Campagna mare di Greenpeace -? Chi pesca illegalmente pesci che valgono centinaia di migliaia di euro rischia una sanzione di soli 2.000 euro. L’unica soluzione è diminuire la flotta di pesca e prevedere sanzioni severe per chi pesca al di là della quota o, addirittura, senza alcuna quota». Oltre alla riduzione della pesca e a maggiori controlli, Greenpeace chiede che, in linea con le norme del Regolamento Comunitario sulla Pesca in Mediterraneo, le aree di riproduzione del tonno rosso siano incluse in una rete di riserve marine d’altura.

Fonte: Corriere.it


Dossier “Mare Monstrum” di Legambiente

settembre 19, 2007

Aumentano del 19% i reati ambientali ai danni delle coste, 2,5 illegalità per chilometro Boom del cemento illegale sul demanio (+ 33,5%) Ischia capitale dell’abusivismo edilizio

Oltre 19mila reati, 2,5 per ogni chilometro di costa. E’ devastante il bilancio consuntivo dell’illegalità ambientale ai danni del mare italiano, che cresce rispetto allo scorso anno del 19%. A guidare la classifica regionale è la Sicilia, con 4.472 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di Porto, seguita dalla Campania con 2.793 e dalla Puglia con 2.261 casi. Nella fotografia scattata dal rapporto annuale di Legambiente Mare Monstrum 2007 non manca proprio nulla: inquinamento delle acque, erosione costiera, pesca di frodo, infrazioni al codice della navigazione. Ma a fare la parte del leone è l’inarrestabile colata di cemento abusivo che devasta il demanio marittimo, un vero e proprio boom edilizio con un incremento del 33,5%, a testimoniare che in riva al mare il business immobiliare non teme confronti. E allora ci si sbizzarrisce contando su una diffusa impunità e perché per molti nel nostro Paese sembra valere il principio per cui “se il mare è di tutti, allora è anche mio”. E quindi perché non costruire una casa che affaccia direttamente sulla spiaggia, in fondo è un diritto e non c’è legge dello stato che tenga. Così c’è chi sulla Costiera Amalfitana pensa di attrezzare la propria villa con una seggiovia che gli permetta di arrivare comodamente sul bagnasciuga, oppure chi sulla spiaggia di Falerna, in provincia di Catanzaro, chiesto il permesso per fare un parcheggio, anziché le automobili ci ha piazzato la casa, munita di ruote e gancio da traino. Leader nazionale dell’abusivismo è l’isola di Ischia, trasformata in un cantiere permanente, dove le betoniere sono in funzione ventiquattro ore su ventiquattro per 365 giorni all’anno, dove le domande per l’ultimo condono edilizio sono state oltre 9mila. Tutto all’insegna dell’abusivismo: case che nascono in pochi giorni su terreni frananti, approdi privati e porticcioli turistici, dragaggio dei fondali, scarichi inquinanti in mare. Nei primi 6 mesi del 2007 i numeri dell’illegalità accertata solo a Ischia e Procida sono impressionanti: oltre 100 i cantieri posti sotto sequestro. Ma non c’è solo l’abusivismo diffuso, ci sono anche decine e decine di ecomostri, talvolta illegali, talvolta “legalizzati” che campeggiano su spiagge e promontori lungo tutta la Penisola. Lo storico abbattimento di Punta Perotti sul lungomare di Bari e alcune demolizioni autorizzate sulla costa calabrese non hanno dato il via, come ci si augurava, a una stagione di ripristino della legalità. Ma, nonostante lo scenario sia scoraggiante, la speranza è che qualche bravo sindaco rimetta in moto le ruspe. Così Legambiente ha stilato la Top Five degli ecomostri, i primi che per età, per storia e per impatto ambientale devono scomparire dalle nostre coste: l’hotel di Alimuri a Vico Equense (Na), le palazzine di Lido Rossello a Realmente (Ag), Palafitta e Trenino a Falerna (Cz), il villaggio abusivo di Torre Mileto (Fg) e lo scheletrone di Palmaria a Porto Venere (Sp).

Dossier Mare Monstrum 2007 (PDF, 1.5 Mb)

Fonte: Legambiente